Chiesa della Valle del Gru

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Immersa in una conca di verdi prati, ben inserita nel paesaggio circostante, la chiesa si San Salvatore sorge su una collinetta in posizione dominante. E’ una caratteristica cappella votiva le cui origini sono molto antiche. Le prime notizie risalgono alla visita pastorale di San Carlo Borromeo nel 1575 e di San Gregorio Barbarigo nel 1656.
La chiesetta fu dedicata a San Salvatore nel 1605 come testimonia la dicitura che si trova in un locale attiguo al campanile: "D.O.M. SS.MO SALVATORI TRASFIGURACIO TEMPLUM HOC DICATUM 1605".

L’edificio sacro è formato dal presbiterio, da una navata rettangolare e da un corpo di quattro stanze poste su due piani serviti da una scala interna e adibiti, un tempo, ad abitazioni del custode e del cappellano. Il tetto di tutto il complesso è a capanna con due spioventi di legno.

Il campanile, costruzione massiccia in pietra a vista con culla campanaria, si staglia nitido nel cielo ed è un punto di riferimento sicuro e inconfondibile.
Gli anziani ricordano la credenza popolare secondo la quale: "Quando la campanina de la Al de Gru suonava il temporale se ne andava". La facciata, dalle linee molto semplici e sobrie, dà su un piccolo sagrato ed è decorata con un affresco che ricorda la leggenda della Val de Gru.

Ai lati dell’ingresso, in pietra viva, vi sono due finestrelle dotate di inferriate; sopra la porta un’apertura semicircolare dà luce alla piccola navata. All’interno la pala d’altare del presbiterio, un olio su tela del Paganessi datato 1926, raffigura la Trasfigurazione.

Durante la visita pastorale del 1937 la chiesetta è visitata personalmente dal vescovo di Bergamo, come si legge su una lapide "9 AGOSTO 1937/ QUI VENNE/SUA ECC. MONS. BERNAREGGI/ NOSTRO VESCOVO/ I VALDEGRUNESI/ A PERENNE RICORDO".
Essa fu costruita a servizio dei molti abitanti della zona impegnati nelle attività agricole, attività favorite dai ricchi pascoli e dai boschi ch si estendevano e si estendono ancora oggi per tutta la Valle.

Ai nostri giorni la località è prevalentemente visitata durante i mesi estivi ed è meta di escursioni di brevi e distensivi periodi di riposo grazie ad un paesaggio suggestivo e ricco di fascino. Come vuole la tradizione il 6 agosto, ogni anno, viene celebrata con grande solennità e gran concorso di folla la festa della Trasfigurazione. Si svolgono le sacre funzioni: la Santa Messa è seguita dalla processione con il SS. Sacramento che si snoda intorno all’Oratorio e lungo i prati circostanti.

E’ un appuntamento annuale al quale i pochi contadini rimasti e gli amici della Val de Gru non vogliono assolutamente rinunciare. Per quanto riguarda l’origine del toponimo "Al de Gru" riportiamo la leggenda che nel 1948 C. Traini, scrittore bergamasco, inserì nel suo libro: "Superstizioni e leggende bergamasche" raccolta dalla viva voce degli abitanti della valle.

"In un’angusta valle presso il villaggio di Orezzo sorge una chiesetta che, una volta, molti anni fa, era stata visitata da un ladro che voleva asportarne i vasi sacri con gli ori di cui era adorna la statua della Madonna , alla vigilia della sua festa. Vuotata la pisside, rovesciando le ostie consacrate in una vicina fontana e fatto fagotto di quanto poté avere sotto mano, fece per fuggire, ma nell’attraversare un bosco fu colpito e incenerito da un fulmine. Gli oggetti rubati furono recuperati e anche le ostie furono tolte dall’acqua, miracolosamente asciutte. Da allora, durante certi temporali, l’anima del ladro sacrilego apparirebbe tra le nubi al di sopra della chiesina, sotto forma di una grande "gru nera". Da questa immagine trasse origine il nome "Al de Gru".

Tutte queste tribuline e chiesette continuano con la loro presenza silenziosa ma estremamente eloquente a rammentarci la sensibilità religiosa, storica e artistica dei nostri antenati sconosciuti ma sempre vivi nella memoria della nostra comunità. Infatti non possiamo certamente dimenticare i nomi di artisti quali Giovanni Battista Paganessi, noto pittore e ritrattista vertovese, e Costante Coter, celebre scrittore di Semonte, ambedue protagonisti dell’itinerario artistico del ‘900 avendo operato in modo significativo in ambito nazionale e internazionale, senza però trascurare il paese natio, che conserva con amore e riconoscenza i segni della loro arte.

Nel dicembre 2002, tra l’altro, ricorre il 60° anniversario della morte del Paganessi, avvenuta il 23/12/1942, e il 30° di quella del Coter, deceduto il 14/12/1972: una particolare coincidenza che unisce i due illustri artisti vertovesi nel ricordo commosso e nell’imperitura memoria della loro comunità d’origine.